quarta-feira, 8 de julho de 2009

Due Occhi Rossi

I

Due occhi rossi,
disteso, schiacciato
sul lenzuolo d'asfalto;
segnato il decesso:
negro,
forse del Transvaal,
un nodo, un fagotto,
e via, come pacco di spesa.
Solo un grappolo fermo,
poche mani, nere d'inchiostro
a spostare quell'aria.
Muovemmo le spalle
non i pensieri
infiammando di pugni le tasche.

II

Isole verdi
isole a celle
isole d'azzurro e delfini,
ombre increspate da salti di mare;
uno scendere piano le scale
verso i confini del fondo:
ricordi di Tanga
di Rudolph, gonfio di morte,
lungo, in quella piroga,
le scarpe a tracolla,
il fegato in mano;
tirava sul prezzo un vecchio stregone.

III

Un tramonto continuò col fuoco sul ferro,
si prese una voce:
nessuno lo vide,
calata sul collo la maschera vinta,
gettare nel gorgo
la croce del sud
e polmoni al petrolio
e guardie di notte
e coste
e rotte
e solchi sul viso pieni di sale
e il coraggio, per prati del fondo.
L'ultimo grido è un muovere d'alghe.

IV

Sopra un monte di sale
rema una barca piena d'occhi:
rossi d'asfalto, di Rudolph e di altri tra l'onde,
non un porto l'accoglie col nylon.
Non esistono banchine per sbarcare la morte.
Ho liberato da rami e da foglie
soffiando tra il bosco, dopo ogni tempesta,
una fossa, piena di vermi,
di bocche i Costa d'Avorio,
di teste nere tese ad affumicare,
di secchiate di nafta,
di mani che spingono il giorno,
di becchini con vanghe dal tocco di Mida,
di gambe di donna bagnate di mare.

Ho consumato tre legni spostando gocce nell'acqua,
la prora violenta i miei mari tra tonfi,
aliti di vento non gonfiano una vela,
...e uno sta sempre seduto a guardare.

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